CONTROVERSIE
LA STIMOLAZIONE CEREBRALE PROFONDA NELLA CEFALEA A GRAPPOLO:
PROCEDURA UTILE, SICURA E SCIENTIFICAMENTE VALIDA?
A cura di C. Tassorelli e P. Torelli
La cefalea a grappolo rappresenta un disturbo strettamente unilaterale che si manifesta con attacchi caratterizzati da dolore molto intenso, spesso localizzato alla tempia o all'occhio, che si associa ad altri disturbi oculo-facciali dallo stesso lato, come la lacrimazione, l'arrossamento dell'occhio, l'abbassamento della palpebra, il naso che cola o che si chiude (1,2).
Da svariati anni gli esperti di cefalea a grappolo sanno che la malattia si associa ad un malfunzionamento di una piccola area del cervello chiamata ipotalamo, grazie ai risultati ottenuti con vari tipi di studi neurormonali e neurofisiologici (3-11). Più recentemente, anche indagini neuroradiologiche sofisticate, come la tomografia ad emissione di positroni e la risonanza magnetica funzionale, hanno permesso di confermare il coinvolgimento di questa zona, mostrando come essa si attivi durante gli attacchi, dallo stesso lato del dolore (12,13).
Partendo da queste considerazioni di natura anatomo-funzionale, alcuni soggetti affetti da una forma cronica di cefalea a grappolo resistente ai comuni trattamenti sono stati sottoposti ad un intervento neurochirurgico, finalizzato all'inibizione dell'attività dell'ipotalamo, presso l'Istituto Neurologico Besta di Milano (14-16). Tale tipo di intervento viene indicato con il termine di stimolazione cerebrale profonda e consiste nell'applicazione, utilizzando un apparato di precisione, di un elettrodo nell'ipotalamo posteriore inferiore. L'elettrodo viene poi collegato ad uno stimolatore, posto in una tasca sottocutanea ricavata chirurgicamente appena sotto la clavicola, che consente di erogare delle scariche elettriche con caratteristiche tali da inibire l'attività dell'area cerebrale interessata.
Il primo soggetto con cefalea a grappolo sottoposto ad un intervento di stimolazione cerebrale profonda è stato descritto nel 2001 (14), con un beneficio significativo negli anni successivi: la frequenza degli attacchi si è infatti ridotta dagli 8 attacchi al giorno, riferiti prima dell'intervento, a 168 attacchi su 1245 giorni. Va notato tuttavia, che, per poter raggiungere un controllo soddisfacente degli attacchi, il soggetto ha dovuto essere sottoposto ad un secondo intervento al fine di "inattivare" anche l'ipotalamo dall'altro lato. Negli ultimi anni sono stati pubblicati, sempre dal gruppo milanese, i risultati ottenuti su altri 7 soggetti, che evidenziano un esito positivo della procedura, anche se in un caso è stato necessario, come nel primo paziente descritto, effettuare un intervento bilaterale per il completo controllo della sintomatologia e, in un altro, si è dovuto ricorrere alla reintroduzione della terapia farmacologica di profilassi a causa della ricomparsa degli attacchi. Nessun effetto collaterale grave è stato segnalato in questi 7 soggetti, ove si eccettui un episodio di rallentamento importante della frequenza cardiaca, regredito dopo adeguamento dei parametri della stimolazione.
Recentemente anche i colleghi di Liegi hanno iniziato a praticare la stessa procedura, sempre su soggetti con cefalea a grappolo cronica resistente ai comuni trattamenti, riportando però un caso mortale per emorragia cerebrale in un gruppo di 6 soggetti (17).
La stimolazione cerebrale profonda è una procedura abbastanza nota in campo neurologico-neurochirurgico in quanto viene applicata (sia pure con un diverso bersaglio cerebrale) da quasi una decina d'anni nel trattamento della malattia di Parkinson in fase avanzata (18-20), campo in cui ha dimostrato una sicura efficacia in un gruppo ormai abbastanza consistente di soggetti. L'esperienza raccolta e pubblicata dai colleghi parkinsonologi ha messo in evidenza come tale procedura non è affatto scevra di effetti collaterali, che sono, al contrario piuttosto frequenti e fastidiosi. L'applicazione del sistema di stimolazione cerebrale profonda risulta, inoltre, associata ad un aumentato rischio di mortalità e morbilità per vari motivi (emorragie cerebrali, infezioni, necessità di re-intervento per sostituzione della pila dello stimolatore, possibilità di superstimolazione per interferenze esterne, ecc.), oltre che a limitazioni di vario ordine (necessità di spegnere/riaccendere lo stimolatore in circostanze particolari come l'esecuzione di esami diagnostici, passaggio attraverso gli scanner agli aeroporti, ecc.) (21-23).
Nel caso della cefalea a grappolo, le informazioni disponibili, per quanto promettenti, provengono, come abbiamo visto, da piccoli gruppi di soggetti operati in due soli centri, con risultati molto diversi per quanto riguarda la mortalità (0% a Milano, 16.7% a Liegi).
Al momento attuale, pertanto, la procedura deve essere limitata a i soggetti con cefalea a grappolo cronica resistente ai comuni trattamenti, che rappresentano una quota molto, molto piccola della popolazione dei malati di tale forma di cefalea. Nella nostra esperienza clinica pluridecennale (24-28) in questo ambito (oltre 1700 soggetti con cefalea a grappolo visitati e seguiti negli anni), in una sola occasione ci siamo trovati di fronte ad un soggetto con una forma sicuramente resistente ai comuni trattamenti farmacologici; evento peraltro verificatosi quando ancora non esistevano alcune valide armi terapeutiche oggi disponibili, come, ad esempio, il sumatriptan nella formulazione per autosomministrazione sottocutanea.
Negli altri casi di cefalea a grappolo cronica che seguiamo regolarmente si sono verificati più volte episodi di peggioramento della cefalea con aumento di frequenza e/o gravità degli attacchi, ma la contemporanea intensificazione delle visite di controllo (e in alcuni casi il ricovero in regime di degenza giornaliera o ordinaria), nonché la paziente sospensione/combinazione/embricazione dei farmaci profilattici e sintomatici ha permesso invariabilmente di ottenere un controllo della sintomatologia giudicato soddisfacente dai pazienti stessi (remissioni temporanee o riduzione della frequenza e dell'intensità degli attacchi).
In tal senso, risultano illuminanti i dati presentati dal Prof. Schoenen all'ultimo congresso internazionale delle cefalee (Kyoto), dai quali emergeva che su 12 pazienti affetti da cefalea a grappolo cronica definita "resistente ai trattamenti farmacologici" in lista d'attesa per l'impianto di stimolazione cerebrale profonda, ben 10 erano andati incontro a remissione prima dell'intervento (Schoenen J, lunch seminar of the International Headache Congress, Kyoto, 9-12 ottobre 2005).
La decisione di scrivere questo breve articolo è scaturita dal desiderio di rispondere in maniera obiettiva e scientifica alle decine di richieste che ci provengono dai nostri pazienti, spesso confusi o eccitati dalle informazioni fornite dai media, in merito alle indicazioni, all'utilità e alla innocuità dell'intervento di stimolazione cerebrale profonda nella cefalea a grappolo.
Sulla base dei dati disponibili in letteratura e della nostra esperienza clinica, al momento attuale, riteniamo che l'efficacia e la sicurezza di questa procedura non siano state dimostrate scientificamente su un numero adeguato di casi. La stimolazione cerebrale profonda può diventare un'opzione in quei rarissimi soggetti che soffrono di forme peculiari, particolarmente violente e sicuramente farmaco-resistenti di cefalea a grappolo, nei quali si assista ad una limitazione severa e persistente delle attività lavorative e sociali.
La verifica dell'effettiva farmaco-resistenza va effettuata dal cefalologo esperto, mediante valutazione delle terapie farmacologiche di profilassi e sintomatiche disponibili sul mercato, da sole o in combinazione, correttamente prescritte e regolarmente assunte per periodi adeguati, ricorrendo, quando necessario, all'osservazione medica con ricovero e con la somministrazione controllata della terapia.
In conclusione, per quanto queste coraggiose esperienze pionieristiche debbano essere sempre benvenute e incoraggiate, anche e soprattutto per l'effetto di ampliamento delle conoscenze fisiopatogenetiche che ad esse si associano e di stimolazione del dibattito scientifico (29), occorre sottolineare che nella stragrande maggioranza dei soggetti con cefalea a grappolo, la stimolazione cerebrale profonda non può, per ora, essere considerata un'opzione terapeutica sicura né in termini di efficacia dimostrata, né in termini di innocuità.
Bibliografia
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