Silvano CRISTINA, UO Cefalee - Fondazione "Istituto Neurologico C. Mondino" - Pavia
Il confronto dei diversi lavori recentemente comparsi nella letteratura scientifica sulla frequenza della cefalea a grappolo nella popolazione (Parma-Italia verso Vaga-Norvegia) (1,2) portano ad alcune riflessioni.
I dati relativi a questo raro tipo di cefalea ad una prima analisi sembrerebbero orientare il lettore verso una maggior frequenza del fenomeno in Norvegia rispetto all'Italia (3,8‰ verso 2,8‰). Questa differenza risulta del tutto apparente ad un'analisi più attenta dei dati. Lo studio epidemiologico di malattie rare come la cefalea a grappolo per mostrare delle reali differenze richiede l'osservazione di una moltitudine di soggetti ben superiore ai 10.000 soggetti circa valutati in uno di questi studi. Di fatto non si può statisticamente dire che in realtà questi dati siano realmente differenti, considerata la notevole variabilità statistica registrata nei due studi con intervalli di confidenza* che comprendono entrambe le stime.
Un ulteriore problema, che rende difficile il confronto dei due studi, è la metodica di screening della popolazione: uno si basa sul listato dei medici di base che comprende soggetti di età variabile da 14 anni in su, il secondo analizza una popolazione compresa tra 18 e 65 anni. Considerato che la cefalea a grappolo è abbastanza rara nell'età inferiore ai 18 anni ed in quella superiore ai 65, non dovrebbero esservi differenze sostanziali nei due studi, ma non lo si può affermare con sicurezza statistica.
Un dato interessante è invece rappresentato dalla differenza della frequenza per sesso nelle due popolazioni. Nello studio italiano la prevalenza nelle femmine sembrerebbe decisamente superiore (2,3‰ verso 1,1‰) rispetto a quello norvegese. Mentre il contrario si verificherebbe per i maschi con una prevalenza di 3,4‰ nello studio italiano rispetto a 5,6‰ in quello norvegese.
La differenza del rapporto maschi/femmine, come si conosceva dalla letteratura, è rispettato per lo studio norvegese, mentre per quello italiano sembrerebbe registrarsi un appiattimento di tale rapporto riducendosi la differenza che era descritta che vedeva i maschi più affetti.
Una spiegazione potrebbe trovarsi nel modificarsi delle abitudini di vita delle donne italiane che divengono sempre più simili a quelle dei maschi.
In conclusione, si può comunque dire che questa cefalea rimane una forma estremamente rara nella popolazione adulta. L'apparente aumento di frequenza rispetto agli studi precedenti è verosimilmente ascrivibile alla maggior tendenza a diagnosticare questa forma di cefalea, in relazione all'entrata in uso della prima classificazione internazionale delle cefalea a far tempo dalla fine degli anni '80.
* l'intervallo di confidenza è quell'intervallo numerico all'interno del quale cade la stima reale del fenomeno nella popolazione studiata. Questo intervallo diviene sempre più stretto in relazione al numero dei soggetti studiati.
Voci bibliografiche
1) Torelli P, Beghi E, Manzoni GC. Cluster headache prevalence in the Italian general population. Neurology 2005;64:469-74.
2) Sjastaad O, Bakketeig LS. Cluster headache prevalence. Vaga study of headache epidemiology. Cephalalgia 2003;23:528-33.